LA FINE DEI TEMPLARI

Il lungo affaire che dall’ottobre 1307 si concluse nell’aprile di sette anni dopo con la salita al rogo di Giacomo De Molay non fu, nella sostanza, più brutale e spietato rispetto ad altre questioni che videro opposto Filippo il Bello a potentati del suo tempo, primo fra tutti Bonifacio VIII. Tuttavia, a causa del numero e della personalità di coloro che vi furono coinvolti, l’eco di questo fu incomparabilmente superiore; l’emozione provocata dall’idea di un ordine totalmente corrotto, che pratica collettivamente sodomia, idolatria e altri orridi peccati, scosse e turbò a lungo e profondamente la cristianità intera.
Malgrado il fatto che le commissioni pontificie attive fuori di Francia non riuscissero a provare una sola delle accuse mosse ai Templari – solo in Inghilterra un unico cavaliere poté essere accusato di apostasia – che l’ordine venisse soppresso dal Papa in persona, ossia da colui che più di ogni altro avrebbe dovuto difenderlo, scatenò inevitabilmente nell’immaginazione collettiva una catena di sospetti, supposizioni e fantasie.
Questa congerie di fantasticherie e supposizioni ha agito fino ai nostri giorni.